Devis Bonanni, quando una pecora nera fa la rivoluzione (spirituale e dei consumi)
Probabilmente la pancia piena. Chi non ha vorrebbe avere. Io potevo avere tutto quel che la middle class garantisce – anche qualcosa di più.
Quello che non avrei potuto mai avere da questa condizione era l’avventura, la passione, la scoperta. Cent’anni fa Levi Strauss girava tra i primitivi del Mato Grosso rischiando la pellaccia e litigando con i buoi che portavano l’attrezzatura dell’antropologo. Io mi sono accontentato di molto meno: qualche nottata al freddo, il mestiere del contadino da imparare, viaggi in bicicletta. Cose così.
Si, più che felice sono sereno e ogni giorno non manco di trovare riscontri e meraviglie nella passione che mi lega alla mia condizione di montanaro e contadino. Il grande fardello è invece la responsabilità di non vivere una vita automatica, di valutare giorno dopo giorno le proprie scelte e convincimenti, e le proprie incoerenze.
Ti rispondo con una domanda: c’è mai stata una rivoluzione per tutti e di tutti? I cambiamenti sono sempre stati graduali e non a gradino, l’umanità si è sempre aggiustata un poco alla volta. La mia esperienza è personale, al massimo può essere un indicatore di trend ma non è fatta per fare statistica, per essere adottata ora qui e ora ma per stimolare la riflessione.
Non sono contro la scienza. Piuttosto provo a ricordare che esiste un progresso civile e – soprattutto – spirituale. A cosa vale fare balzi da gigante in campo tecnico se ciò non è accompagnato da uno sviluppo del nostro essere uomini pensanti?
La pubblicità ha come vittima prescelta il bambino. E’ un grosso problema. Conto sul fatto che quando diventerò padre non avere la tivvù in casa e portarsi pane e marmellata per la ricreazione sarà di gran moda. Scommettiamo?
Pensare in termini di soldi è la deformazione che ci è stata imposta dalla macchina economica. Io suggerisco di pensare in termini di risorse. Ti faccio un esempio al contrario: ogni primavera ospito venti persone a gruppi di tre. Si lavora nei campi, si mangia assieme, ci si scambiano esperienze e conoscenze: chi viene in treno spende qualche decina di euro in biglietti, io faccio una spesa di venti euro che – assieme alle cose autoprodotte – basta per cinque o sei giorni ad un gruppo di quattro persone. C’è un boiler a legna per l’acqua calda e la stufa per cucinare. Non sono forse queste esperienze di arricchimento culturale, gioia e viaggio? Con i soldi di una notte in hotel viviamo qualcosa che uno Sheraton non potrà mai offrirti: umanità. Allora cito Thoreau: “a tutti non serve tanto qualcosa con cui fare, piuttosto qualcosa da fare”. Poi i soldi servono ma devono rappresentare solo un mezzo e non un fine. I soldi non esistono in quanto tali, esistono nel momento in cui mettono in relazione le persone. E che relazione fare con questo strumento è una nostra scelta.
Ovviamente dipende dalla stagione. Anche qui l’umanità si è allontanata dalla natura del proprio corpo. Oggi (domenica 28 aprile ndr) mi sono alzato alle sei e mezza e sono andato nei campi. Ma d’inverno non mi alzo mai prima che faccia giorno. Si lavora quanto è necessario, si fanno le cose che servono. Vuoi sapere le ore? Anche dieci in un giorno per non contare poi che per farmi una doccia non basta che giri una manovella ma devo accendere un fuoco. Ma conta così tanto quando lavoro e tempo libero, passione e necessità sono un tutt’uno?
Mi piacerebbe togliermi di dosso questa smania tutta occidentale di ragionare per obiettivi e cose da fare. Mi piacerebbe imparare a rimanere fermo in casa quando fuori piove senza per forza possedere una giacca in goretex per andare in bicicletta nonostante tutto.
Forse il vino. E’ dura pensare di star sobri tutta la vita. Ogni tanto c’è bisogno della sconsiderata gaiezza dell’alcol. Comunque mi sto attrezzando: ho appena piantato sedici barbatelle di vite trentina fatte apposta per il nostro clima. Se tutto fa bene tra tre anni faccio la prima bottiglia – sarà imbevibile ma sarà mia!
La terra dovrebbe essere solo e soltanto di chi la lavora. Se avessi qualche potere espropierei tutti i terreni incolti e li darei in mano a giovani di buona volontà. Poi farei una legge per trasformare le grandi aziende agricole in cooperative: è una vergogna che una cosa che Dio ha donato agli uomini diventi mezzo per creare disparità e sfruttamento del lavoro altrui.
Francamente al momento no. Sono ancora molto individualista.
La politica non esiste. L’unica politica che esiste è la nostra condotta. Il resto sono scuse buone perché ci vien facile dare la colpa agli altri. Abbiamo i governanti che ci meritiamo.Ma ci è concesso un potere enorme nell’era del mercato globale: il nostro consumo. Diminuiamolo, reindirizziamolo, autoproduciamoci ciò che ci è possibile, rinunciamo ogni tanto a consumare. Questo farebbe veramente paura, altro che qualche protesta di piazza.
Denis Bonanni ha scritto un libro sulle motivazioni della sua scelta, Pecora nera, edito da Marsilio.
Dopo aver letto e riletto le sue risposte penso che, in realtà, quelle domande le ho fatte prima di tutto a me stessa. Quello che cerchiamo negli altri, molto spesso, è quello che non riusciamo a trovare dentro di noi.



