Società italiana psichiatria: “Uomini che uccidono le donne, solo in un caso su 20 è malattia mentale”
Basta giustificazioni psicologiche e tolleranza nei confronti degli ‘orchì. «Solo il 5% delle persone imputate di omicidio sono dichiarate inferme di mente, il restante 95% è capace di intendere e volere ed esprime in maniera prevaricante e prepotente sopraffazione o intolleranza nel non riuscire a possedere il proprio ‘oggettò di amore, con in più aspetti di insensibilità nei confronti dell’altro, di ipocrisia e di menzogna». Insomma, «appena un caso su 20 è causato da psicopatologie». Lo ha affermato oggi a Milano, in occasione del convegno ‘Disturbi affettivi tra ospedale e territorio’, Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria che pensando agli ultimi femminicidi chiede ai giudici meno tolleranza e giustificazioni psicologiche.
Le tragedie di Fabiana, Angelica, Silvana, Erika e Micaela, le ultime ragazze, mogli, madri, donne innocenti vittime della ferocia maschile ormai quasi quotidiana, dimostrano che sono gli uomini ad essere sempre più assassini (e poi eventualmente suicidi), in un rapporto di 9 a 1, spiega lo psichiatra. Alla base dei fenomeni di violenza, i più recenti studi scientifici hanno individuato centotrenta possibili variabili, ma di fatto i detonatori sono prevalentemente i fattori socio economici, ambientali e culturali acuiti dalla crisi economica e dall’uso di alcol e stupefacenti.
«Si tratta, il più delle volte, di individui con personalità antisociale – aggiunge Mencacci, che è anche direttore del dipartimento di neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano – e con una storia personale di comportamenti violenti che nulla hanno a che fare con problematiche o disturbi mentali».
Per questo gli apparati giudiziari e le forze dell’ordine non possono più permettersi superficialità, non è più possibile trovarsi di fronte ad un omicidio magari dopo anni di segnalazioni senza che vi sia stato alcun intervento serio dell’autorità giudiziaria. Occorre intervenire prima, «subito, e con decisione, per evitare morti insensate», dice il presidente Sip.
Nonostante un segnale positivo sia arrivato dalla Camera dei Deputati che ha ratificato la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, le leggi da sole non bastano. Servono, secondo gli psichiatri, più decisione e meno tolleranza di fronte a questi reati. Inoltre non si deve giustificare la spettacolarizzazione o legittimare gli atti violenti che provocano emulazione. Anche di questo si è parlato in occasione del convegno in corso oggi a Milano, che vede presenti i maggiori
specialisti nazionali in psichiatria.
«Sempre più donne sono preda della furia maschile – continua Mencacci – perchè la spettacolarizzazione e il compiacimento che oggi ruota attorno al gesto violento e aggressivo porta all’emulazione crescente e all’acquisizione di comportamenti negativi, intesi come legittimati dalla collettività. Questo modello va stroncato, perchè enfatizzare l’aspetto eroico o esibito significa invitare al compimento di atti lesivi gravi in maniera sempre maggiore».
Alla base, però, vi è anche un problema educativo, di ordine sociologico, di una intera generazione: soprattutto giovani non più abituati a tollerare alcun tipo di frustrazione, specie se viene disattesa la soddisfazione immediata dei propri bisogni.
«Va dunque sfatata la convinzione – aggiunge il presidente della Società italiana di psichiatria – che vi sia necessariamente una connessione tra malattia mentale e violenza. Attribuire automaticamente gli atti di violenza a persone con disturbi mentali porta ancor più a stigmatizzare queste patologie e coloro che realmente ne soffrono e che si curano. Aumentare la vergogna porta ad un allontanamento dalle cure di tutti quei soggetti che potrebbero invece trarne grande beneficio. La
ragione risiede in un atteggiamento comportamentale e culturale, sempre più diffuso, rivolto all’intolleranza, alla prevaricazione e alla possessività tale per cui le persone hanno perso la loro identità e sono diventate ‘oggettì che appartengono ad altri e di cui non si accetta l’idea che possano essere perduti», e che si è pronti a distruggere.
Per frenare questi atti occorre prendere misure precauzionali forti. Anche da parte della legge.
«L’appello è non solo alle forze dell’ordine che devono essere messe in grado di intervenire, quando e laddove necessario, in termini protettivi, ma soprattutto ai giudici quando si trovano a decidere se convalidare o meno un arresto per questi motivi. A loro – conclude Mencacci – chiediamo di essere severissimi e di applicare con maggiore attenzione i sistemi preventivi, abolendo le
giustificazioni, anche di natura psicologica: si tratta nella maggior parte dei casi di un puro gesto aggressivo».
(Fonte Adnkronos salute)



